La guerra, l’amore e il podismo: la Valdera festeggia i 100 anni del Signor Lapo

FORNACETTE. Ripercorriamo insieme alle figlie di Lapo Pieraccioni questo secolo di vita: un traguardo importante, una vita all’insegna di gioie e dolori.

Il Signor Lapo Osvaldo Pieraccioni (Osvaldo, così lo chiamano in famiglia) è nato il 21 gennaio 1923 a Ponsacco: in famiglia erano mamma, babbo e due fratelli più piccoli.

Dopo aver conosciuto mia mamma, a 19 anni partì militare. Lo mandarono a Trieste in una caserma dove c’erano più di mille soldati. A casa la situazione non era facilissima, sua madre era ammalata. Chi avrebbe pensato ad un bimbo di 3 anni e ad un ragazzino di 16? Pensarono quindi di far sposare Osvaldo: fu così. Tornò a casa in licenza e si sposò con mamma: andarono anche in viaggio di nozze!“, racconta la figlia Giuliana a VTrend.

Nel frattempo la guerra avanzava, venne l’8 settembre del 1943: l’Italia aveva rivolto le sue armi contro il suo stesso alleato. I tedeschi traditi presero come prigionieri tutti i militari della caserma e li portarono in stazione. Ammucchiati nei vagoni, non mangiarono per diversi giorni fino a quando arrivarono al campo di concentramento. Qui, avrebbero dovuto lavorare giorno e notte senza sostanze in corpo, “erano pelle e ossa“.

Mio padre, quando ripercorriamo quegli anni, piange ancora: ‘Non sapevi mai a chi sarebbe toccato morire. Anche i bambini dovevano lavorare, ma non ce la facevano’, mi dice“. Un momento speciale quando, a questo punto del racconto, tra una lacrima e l’altra, è arrivato il ‘grazie’ da parte del Signor Lapo per essere riusciti a mettere per scritto fedelmente ogni tappa della sua vita.

“Ad ogni bombardamento, ricostruivano. Tutto veniva raso al suolo. Un giorno, il 20 febbraio, le persone si trovavano in un rifugio e per puro caso, solo mio padre e un suo amico riuscirono a salvarsi. Per pochi centimetri, sarebbero morti, continua nel racconto la figlia. 

Un altro bombardamento a maggio fu la fine: “I pochi rimasti furono portati a lavorare in fabbriche più piccole sparse in altri paesi. Almeno lì, mio padre riusciva a mangiare e a lavorare 8 ore. Nel frattempo però in Germania non rimase più nulla: ad un certo punto sarebbero dovuti andare via anche di lì. Con un suo amico, sentirono dire che sarebbero partiti dei treni da una città vicina (Ulma, in tedesco ‘Ulm’, si ricorda il Signor Pieraccioni)”.

Il Signor Lapo trovò un amico di Ponsacco e si fece fare una foto: “Portala a mia moglie, dille che sto per tornare a casa!“, gli disse. Così tutta la famiglia lo aspettò per mesi: i collegamenti erano difficili, i ponti erano crollati. 

Un giorno, quando tutti pensavano fosse morto, “apparì in piazza” con una bicicletta: il Signor Lapo si strinse in lungo emozionante abbraccio con la moglie Gina che segnò la fine di un periodo duro. Poi arrivarono le figlie Giuliana e Mirena. 

Nel 1958 si trasferirono a Pontedera, per poi stabilirsi definitivamente nel 1980 a Fornacette. Con la famiglia, il signor Pieraccioni ha avuto un negozio a Pisa di articoli da bambini e poi ha lavorato alla Piaggio. 

Il Signor Lapo ha praticato il podismo per più di 25 anni, per l’esattezza, quasi 30. “Prima andava in bicicletta! Pensi, secondo il contachilometri, ha fatto 7 volte il giro del mondo!”, racconta la figlia Giuliana. E’ proprio questo, il suo segreto per la longevità! Quando nel 2011 ha perso la moglie, si è legato ancora di più al gruppo di podisti e alla sua passione per superare il grave lutto che lo aveva colpito. “Sono delle persone fantastiche, che continuano ad interessarsi quotidianamente a mio babbo, che aspettava solo la domenica per stare con loro. Hanno un legame fortissimo, indissolubile, profondo. Parlare di amici sarebbe riduttivo“.

Come verranno festeggiati questi meravigliosi 100 anni? Con una grade festa che partirà da casa sua domani domenica 22 gennaio, con la banda di Pontedera che suonerà dei pezzi da lui richiesti! Poi un aperitivo alla presenza del sindaco di Calcinaia Cristiano Alderigi, di San Miniato Simone Giglioli e di Cascina Michelangelo Betti e successivamente un pranzo per Lapo, circondato dall’affetto di parenti e amici.