Ricorre oggi, 21 dicembre, l’ottantesimo anniversario della morte del partigiano Ateo Pilade Garemi che fu tra i primi comandanti partigiani italiani a cadere durante i mesi iniziali della Resistenza.
Ateo Garemi nacque a Genova il 6 marzo 1921, figlio di Oreste un anarchico nativo di Calcinaia. All’età di quattro anni, con i familiari emigrò a Cannes, in Francia, a causa delle vessazioni della polizia a cui il padre era continuamente sottoposto a causa dei suoi ideali. In Francia, Ateo iniziò a lavorare come taglialegna. In lui fervettero da subito gli ideali libertari e, appena diciassettenne, accorse volontario nelle brigate internazionali della guerra di Spagna. Nel 1940 si avvicinò al Partito Comunista francese e, dopo l’occupazione tedesca, entrò nelle file del “maquis”. Dopo l’8 settembre, con l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile, iniziò l’organizzazione delle brigate partigiane per contrastare l’occupazione delle truppe naziste nel nord Italia. Su consiglio del livornese Ilio Barontini, che fu un valoroso comandante partigiano, il Partito Comunista Italiano chiamò Garemi in Italia, dove si cominciava a organizzare la Resistenza nelle città con i volontari dei Gruppi di Azione partigiana (G.A.P.). Nonostante la giovanissima età, Ateo si dimostrò un comandante esperto e volitivo. Tuttavia le condizioni in cui dovette iniziare la lotta armata a Torino furono difficili a causa della poca esperienza dei partigiani in azione.
Il 25 ottobre Garemi organizzò ed eseguì con la collaborazione del partigiano Dario Cagno un attentato contro il seniore della Milizia Volontaria fascista Domenico Giardina che rimase ucciso. L’impressione suscitata dall’attentato nel capoluogo piemontese fu enorme, soprattutto tra i fascisti che si videro colpiti nel loro stesso covo e in uno dei loro maggiori dirigenti. In seguito ad una soffiata da parte di infiltrati nelle file partigiane, Garemi fu arrestato il 27 ottobre 1943 assieme a Dario Cagno, ripetutamente interrogato e torturato. Per non rischiare di fare il nome di altri compagni di lotta, il giovane partigiano negò di essere un gappista e di aver partecipato all’uccisione del gerarca fascista. Solamente dopo avere ascoltato la condanna a morte, rivolto ai giudici dichiarò: «Sono tornato dalla Francia per combattere contro l’invasore ed i traditori fascisti. Ho giustiziato il Giardina perché sapevo che era uno dei più crudeli tra i venduti all’oppressore. Mi considero un soldato del popolo e sono fiero di aver saputo fare il mio dovere. So bene che mi fucilerete, ma non sono io che devo avere paura. Dietro di me vi è la classe operaia e il popolo italiano: l’arma che mi cade di mano sarà raccolta».
Garemi e Cagno furono fucilati il 23 dicembre 1943 nel cortile della caserma “Monte Grappa” a Torino. Per onorare la memoria di Ateo Garemi fu dato il suo nome alla Quarta Brigata Garibaldi operante in Veneto, la quale divenne in seguito Gruppo Divisione “Garemi”. Il partigiano di origine calcinaiola venne ritenuto unanimemente uno dei più valorosi combattenti dei primi mesi della Resistenza italiana. Nel 1971 il Comune di Calcinaia assieme alla città di Arles ne celebrò la figura nel cinquantesimo dalla nascita con una targa apposta nel portico del palazzo comunale. A suo nome sono state intitolate una strada a Calcinaia ed una ad Arles.
L’Amministrazione di Calcinaia, anche in questa occasione, ricorda e onora Ateo Garemi, Vasco Corsi (altro valoroso partigiano calcinaiolo di cui nel prossimo maggio ricorrerà l’anniversario della morte in battaglia), Nevilio Casarosa e tantissimi altri che persero la propria vita per donare all’Italia libertà e democrazia, nella consapevolezza di essere debitori del loro coraggio e del loro sacrificio.